Rita, il Cocktail Bar "Verde'', con cucina che da 20 anni fa scuola a Milano

Categoria: Hospitality & Gastronomy

Fresco, zero sprechi: il Rita è stato un trend setter nel panorama della mixology milanese. Come si presenta il presente di questa nota insegna? Dalle etichette di prestigio alla cucina, fino all'uso di microgreens nei cocktail, ecco la risposta!

Spremuta fresca, e prodotti tendenzialmente stagionali

È un’istituzione che non si è istituzionalizzata, il Rita a Milano. Compiuti vent’anni nel 2022, questo american bar in una traversa del Naviglio Grande è nato grazie a Edoardo Nono e Gianluca Chiaruttini con la precisa idea di muoversi in modo pionieristico sull’alta qualità della materia prima. Concetto che oggi può apparire scontato, ma così scontato all’epoca non era.

Del resto, Nono, nato nel 1969, è attivo nel mondo dei bar da più di trent’anni: da giovane lavora in resort di lusso, alberghi e navi da crociera, studia Hotel Management all'Università del Turismo e dopo qualche anno apre il Rita facendolo diventare un punto di riferimento imprescindibile per la miscelazione a Milano. Chiara Buzzi, dal canto suo, è una professionista decisamente eclettica: classe 1986, convertita al management nel mondo della ristorazione dopo una formazione umanistica, è socia e responsabile delle risorse umane, degli eventi e della comunicazione, oltre a trovare il tempo per scrivere di enogastronomia per alcune testate di settore.

È lei che ci racconta come Rita sia un luogo oltre le mode del momento, restando sempre fedele a un modello che vent’anni fa era all’avanguardia, poi è asceso nei trend e infine è stato abbandonato: “Non abbiamo quasi nulla di pre-batched (nel gergo tecnico i cocktail assemblati, ovvero un drink realizzato in anticipo e imbottigliato per facilitare e velocizzare il servizio, n.d.r): per qualcuno questo è vintage, ma noi restiamo vivi nella testa delle persone e il nostro tratto distintivo è rimasto quello di un american bar generalista custom made in cui si spremono tonnellate di lime, arancia, pompelmo”. Quindi da Rita l'uso di acidi è ridotto al minimo, si predilige ancora il prodotto appena spremuto e tendenzialmente di stagione e i drink sono realizzati al momento, shakerati e serviti.

Piacere elegante, con Ambiente e Artigianato

Ecco allora che lo stir and serve viene utilizzato per pochissime ricette e ci si gode lo spettacolo che avviene dietro l’attrezzatissimo bancone in legno di larice che dispone di luci, appendiabiti e prese usb per caricare le batterie dei cellulari. Alle sue spalle una bottigliera con più di ottanta etichette di gin e almeno cinquecento di premium spirits.Lungo le pareti laterali i bei divanetti in pelle rossa e un privé. Infine, un bel dehors con le sue ampie vetrate che in inverno viene riscaldato. Sul fronte food al Rita non si scherza: da febbraio 2023 il progetto di cucina è infatti curato da Eugenio Roncoroni, anche al Rita’s Tiki Room: tra aperitivo e cena si gode di ottimi finger food, tapas, di grandi successi come le acciughe di Sciacca con mascarpone e pane tostato, un notevole club sandwich ma anche di piatti più elaborati e di sostanza.

Il core dell’offerta sono i classici della miscelazione internazionale eseguiti in modo magistrale, ma non manca una proposta più personale e moderna, grazie anche allo staff molto giovane che qui viene formato in maniera egregia. Filo conduttore è sempre e comunque freschezza e qualità degli ingredienti, con succhi e alcolici selezionati e senza l’utilizzo di sciroppi e prodotti liofilizzati. Chiara racconta: “Vanno benissimo le idee nuove, ma se qualcuno chiede un Martini dev’essere preparato a regola d’arte. Siamo uno street bar con volumi importanti che fa grande qualità, cosa che di solito avviene solo nelle piccole realtà.” Tra i must have c’è il cocktail Gin Zen che Edoardo ha creato ormai venticinque anni fa, a base di ghiaccio tritato, gin, zenzero fresco pestato, lime e soda. Ancora il Willy Wonka, con marmellata di zenzero, lime liquore di cacao, Gin, olio di bergamotto. Da segnalare anche quello che è un lodevole atteggiamento nei confronti di una miscelazione zero waste, sostenibile internamente sia a livello economico sia ambientale.

Prodotti fatti in casa, sono aumentati

Negli anni sono aumentati i prodotti fatti in casa e sono parecchie le referenze proposte che prevedono l'utilizzo di tutte le parti di un frutto o un vegetale, così come sciroppi e cordiali, le garnish e gli estratti, oltre al lavoro in cucina.

Quelli che ci propone Andrea Arcaini, bar manager del gruppo, sono due cocktail in cui vengono utilizzati dei microgreens di Koppert Cress non tanto in forma di guarnitura quanto di ingrediente vero e proprio.

cocktail culinari, con microgreens come ingrediente vero e proprio

Quelli che ci propone Andrea Arcaini, bar manager del gruppo, sono due cocktail in cui vengono utilizzati sapientemente alcuni microgreens di Koppert Cress: non tanto in forma di guarnitura, quanto di ingrediente vero e proprio. Il primo, molto fresco, è stato chiamato Fujiko, che Andrea paragona a quello che in gergo classico si definisce gin sour. Qui vengono usati Shiso Leaves Green e kaffir lime: le prime (Se volete si può aggiungere anche  “chiamato anche basilico giapponese”) popolari in Asia come Tempura e chiamate Oba in giapponese, abitualmente utilizzate con il pesce crudo, in questo caso sono pestate e vi si versa un’orzata fatta in casa, olio di cocco londinese e qualche goccia di assenzio.

Viene utilizzato anche il profumato Kaffir Lime, con le sue caratteristiche foglie in coppia, verde scuro e chiaro, una foglia più grande e una più piccola. Anch’esso molto popolare in Asia, ha un odore simile a quello della citronella, oltre a essere noto per il suo effetto calmante.

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Green Peas, un capolavoro moderno

Il secondo cocktail ha un nome che gioca sulla pronuncia: Green Peas. È di scuola moderna e si basa su Affilla Cress, di forma molto particolare e simile (sostituirei con dal sapore di pisello dolce) al pisello dolce: i cinesi la chiamano He Lan Do, olandesi, con riferimento ai mercanti olandesi della Compagnia delle Indie che, nel XVII secolo portarono idee ed innovazioni ai coltivatori della regione. Si realizza un cordiale di ‘pisello’ con il vegetale che viene frullato a freddo per mantenere colore, liquore ai fiori di Sambuco e Vodka, per ottenere anche in questo caso un miscelato di grande freschezza.

Fonte: Reporter Gourmet - Marco Colognese

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